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martedì 25 gennaio 2011

Liberiamoci del maiale!

Ora, vorrei subito precisare che io in cucina sto dall'altro lato del tavolo, sì insomma adoro mangiare, e mangiare bene, ma se si tratta di cucinare mi fa una fatica boia, pur adoperandomi a volte con profitto.
Aderisco però volentieri a un'iniziativa di due blog di cucina, che già tempo fa avevano  partecipato al "Metti un finocchio a cena" di Gaia contro l'omofobia.
Il banner della nuova iniziativa è questo:


Ecco i linchi ai blog promotori:
Si può facilmente immaginare che ci si fa qui promotori di una qualcerta malcelata ostilità verso i comportamenti con le donne del presdelcons. geom. pennellocinghiale. 
Si tratta quindi di pubblicare una ricettina avente il mondo dei suini come protagonista, onde esorcizzare la presenza del suo più indegno e lercio rappresentante ai massimi vertici delle istituzioni, e promuoverne la riconduzione a scaracchi nel suo habitat, il porcile dell'oblio.
Bando all'accidia, quindi, e andiamo a introdurre l'Arista flambata al Vov.
Si proceda obbligatoriamente così.

Si prenda un maiale (Sus Scrofa Domesticus) di mezzana grandezza e lo si insegua con una SiNca mille del '79 in discesa (ma in folle e lavorando adeguatamente di controsterzo) sulla provinciale da Lucolena verso Ponte agli Stolli. Rese così le sue carni dure asserpentate ma stoppose come quelle dell'anatra anziana, lo si ammazzi con l'inganno e lo si dimentichi una nottata nel bagagliajo. Procuratevi ora al mercato nero un flessibile con lama di praseodimio temperato che userete per ricavare un bel pezzo d'arista (si fa per dire) dalla carcassa dell'anymale.
E veniamo alla preparazione del condimento. In una marmitta da campo sbattete 42 òva cui unirete l'equivalente di un pacco di Macine da un chilo ma contenente grana grattugiato (o, se preferite, direttamente le Macine sbriciolate), du' belle manate di pinoli del 16, segatura quanto basta e un etto abbondante di lievito di birra. Cuocete l'impasto a 180 gradi per sei orette buone in una stufa a secco fattavi prestare dal più vicino laboratorio di Radiobiologia, quindi usate di nuovo il flessibile per ricavare nel MANUFATTO  così prodotto uno spazio delle dimensioni ESATTE della vostra superba arista.
Cullata dal vostro splendido condimento, cuocerete ora l'arista fino a che assumerà il colore del RIO DESTINO.
Eccovi pronti agli ultimi ritocchi: guarnirete il tutto con cocomero tagliato a dadini e spicchi d'aglio crudo stemperati nel caramel mou, e chi gli piace potrà aggiungere una fetta d'arancia al centro dell'arista, ma sia chiaro che qualcuno potrà considerarlo volgare.
Ed eccoci all'atto di andare in tavola: con un'innaffiatojo da ramato cospargete l'invidioso alimento con un mix di marsala e alcool a 90 gradi, cui darete fuoco ad assicurare un effetto flambé e il caratteristico odore del Vov per i quali mi rammenterete a lungo. 
Si consiglia di servire questo piatto ad una tavolata di porporati e vedove di generali.
Io nel frattempo me ne vo da Zocchi, via Bolognese, ristoratori dal 1783, per una cena tuttomaiale. Buon appetito.

PS: unicuique suum. Ricette in stile similare (ma molto meglio) le scriveva quindici-vent'anni fa l'immortale Sardelli sul Vernacoliere, questo va detto!